Io odio la fotografia
Odio la fotografia perché mi costringe a pensare. Sempre. Appena prendo in mano la macchina fotografica è la mente a guidare l’occhio. E la mente è tiranna. Ricorda. Confronta.
La fotografia non mi fa riposare, mi tiene sempre sulle spine, mi fa vedere una rosa di possibilità per poi abbandonarmi al momento delle scelte, che sono mie ed esclusivamente mie.
Odio la fotografia perché ogni volta che pondero un progetto da sviluppare, trovo che c’è un fotografo che l’ha già fatto e fatto meglio. Ogni volta che apro un libro di un fotografo “serio” ammiro i suoi scatti e penso che mai potrò arrivare a quei risultati. Odio la fotografia perché mi fa ancor più piccolo davanti alla storia e davanti al talento altrui.
Fotografo per migliorare me stesso, perché fotografando sento che il mio essere si apre al mondo; mi stupisco di quei momenti in cui sento che l’ambiente in cui sono immerso mi attraversa e stimola la mia creatività. Come una sottile corrente elettrica. Come una musica che ti prende allo stomaco. Come se vedessi per la prima volta ambienti e situazioni già visti e vissuti.
Fotografo per isolarmi nel mio sentire. Fotografo per fissare quella precisa sensazione che mi auguro di ritrovare anche in seguito, una volta che avrò davanti la fotografia finita.
Credo che la fotografia sia fatta di scelte: scelte tecniche sicuramente, ma anche scelte etiche, scelte di dove scattare, cosa riprendere, ma soprattutto cosa NON riprendere, cosa tralasciare, perché banale, inutile, ridondante; perché il mio scatto non aggiungerebbe nulla a quanto è già stato detto, sarebbe solo rumore di pixel che vanno ad aggiungersi a tutto quel rumore che già sommerge le nostre vite. Le fotografie più importanti sono le foto che non scattiamo, sono la nostra coscienza, la nostra consapevolezza.
“La fotografia non ammette giustificazioni”, questa è la frase di un amico fotografo, ed è per questo che la odio, perché mi spinge sempre alla perfezione, che so di non aver raggiunto e di non poterlo fare.
Odio la fotografia ed è per questo che non posso farne a meno.
Il mio fotoblog: My emotional pixels